A giudicare da come è stata rilanciata la notizia della subito ribattezzata (non si sa perchè) “dieta perfetta“, sembra che il progetto europeo Diogenes abbia centrato uno dei suoi obiettivi: far interessare i mezzi di informazione a obesità, perdita di peso e dieta. I risultati di un suo studio (1) sono stati ufficialmente pubblicati sul New England Journal of Medicine di novembre, e così molte grosse testate ne hanno parlato nelle pagine dedicate a salute e alimentazione. La notizia è stata quindi ripresa dalla numerosa galassia dei siti copia-incolla-commenta, ma durante tutti questi passaggi, di copia in copia e di commento in commento, ha subìto una divertente trasformazione, perdendo alcuni pezzi e aggiustandosi come veniva più comodo.
Da una lettura sommaria surfando per internet sembrerebbe successo questo: uno studio danese, dopo aver arruolato, messo a stecchetto e studiato più di 700 famiglie, avrebbe stabilito che la dieta perfetta per perdere peso sia quella in cui si possono mangiare a sazietà carne e cereali integrali, e niente dolci. Frutta e verdura? Se ci sono bene, ma seguendo certe regole. Dal web, bandiere alle finestre e cori di evviva sulla carne, ovviamente, mentre su cereali integrali e dolci sono prontamente fioccate le lamentele… Alcune frasi prese qua e là: “… via libera ai cereali, ma la brutta notizia è che devono essere integrali…” (perchè, sono cattivi?), “… ok ai carboidrati, ma solo se da cereali integrali, e purtroppo niente zuccheri semplici e dolci…” (e vorrei vedere, in una dieta dimagrante), “… ok carne e formaggi, ma purtroppo devono essere magri…” (ma insomma, è una dieta dimagrante o no?) e via lamentandosi. E’ in ogni caso piaciuta molto l’idea di una dieta in cui si possano mangiare ad libitum proteine (che per il pubblico medio vuol dire carne; se si vuol stare “leggeri” formaggio; legumi? bleah) e carboidrati (dunque pasta, pane, pizza, …), purchè integrali (e qui la parola purtroppo compare tre volte su cinque).
Come potete ben immaginare se siete arrivati a leggere fin qui, le cose non stanno esattamente così…
Il progetto Diogenes (DIet, Obesity and GENES), finanziato dalla Comunità Europea e da diversi sponsor, portato avanti fin dal 2005 da 19 centri di ricerca in tutta Europa (fra cui anche un centro anticancro italiano), ha dichiarato guerra all’obesità, considerata una piaga sociale, proponendosi di indagarla e affrontarla su più fronti. Uno dei vari passi del progetto è stato quello di studiare l’impatto sulle diete (sia in termini di risultati che di gradimento che di facilità di applicazione) della variabilità di due fattori considerati fondamentali: proteine e carboidrati (posto che i grassi devono rimanere sotto controllo).
Per fare questo più di 700 famiglie “obese”, per un totale di più di 1700 fra adulti e bambini, sono state reclutate e studiate in 8 nazioni europee: hanno prima di tutto seguito una dieta dimagrante di circa 800 Kcal/giorno per due mesi, perdendo in media 11 kg a testa (solo gli adulti: i bambini non hanno mai avuto restrizioni ma solo seguito l’orientamento familiare), e in seguito assegnati a una fra cinque possibili diete (seguiti da nutrizionisti e medici), tutte con grassi inferiori al 30% delle calorie totali e della durata di sei mesi:
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poche proteine (13% delle calorie totali) e alto indice glicemico
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poche proteine e basso indice glicemico
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molte proteine (25% delle calorie totali) e basso indice glicemico
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molte proteine e alto indice glicemico
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dieta di controllo secondo le linee guida alimentari europee
L’indice glicemico (cioè l’impatto che un alimento ha sul livello di glucosio nel sangue) è più alto in presenza di cereali raffinati e alimenti con carboidrati semplici (zucchero, dolci, certi frutti molto zuccherini e alcune verdure cotte) mentre è più basso con carboidrati complessi e cereali integrali. Le proteine potevano provenire da carne magra, latticini magri, legumi. Le diete potevano essere seguite a sazietà, cioè fino a quando si aveva la sensazione di aver mangiato a sufficienza. Tutto questo sotto l’osservazione dei ricercatori, per sei mesi.
I risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine (1), come si è visto, ma sono anche stati accompagnati da un interessante editoriale di Ludwig ed Ebbeling (sì, lo stesso David Ludwig del “a time for food“) sempre sul NEJM (2) e da uno studio aggiuntivo sull’effetto della dieta sui bambini delle famiglie coinvolte, pubblicato su Pediatrics (3). Insomma uno studio molto interessante. Il risultato è stato che la dieta numero 3 (molte proteine e basso indice glicemico) è stata quella con il più alto gradimento, il minor tasso di abbandoni e i migliori risultati, con una ripresa di peso pari quasi a zero al sesto mese, contro i quasi due kg della peggiore, la numero 1 (poche proteine, alto indice glicemico). Buoni risultati per quella a basse proteine e basso indice glicemico, un po’ peggio quella con molte proteine a alto indice glicemico. Buona parte del successo della vincitrice sarebbe dovuto al precoce e maggiore senso di sazietà che proteine in abbondanza e cereali integrali procurerebbero, aggiunti alla facilità di applicazione e al gradimento psicologico.
Una prima differenza evidente rispetto alla ottimistica visione dei media: la dieta “vincitrice” non è servita a perdere peso ma, nel breve periodo di sei mesi, a non farlo riprendere, che è diverso. Proseguendo, la dieta è stata pensata per persone obese nell’ambito di una ricerca, non è stata intesa come regime alimentare a lungo termine per tutti. Come sottolineato anche nell’editoriale di Ludwig ed Ebbeling, lo scopo era di non riacquistare peso, con una dieta facile da seguire e che non portasse all’abbandono della stessa, dove il fattore psicologico era importante, e per chi arriva all’obesità lo è. A parte l’indice glicemico, considerato il vero nemico di diete e salute, i fattori di perfetta salubrità delle diete proposte sono rimasti sullo sfondo, diciamo un po’ dietro le quinte, vista la breve durata dello studio, e considerate meno importanti dell’aspetto psicologico e del pericolo di abbandono. Ma per una dieta a lungo termine non può essere così. Una dieta con il 25% di proteine e a basso indice glicemico, vista attraverso l’occhio dei media, diventa per il lettore poco accorto un regime alimentare con molta carne e pochi carboidrati, che è troppo pesante per il metabolismo (le recenti linee guida danno dal 15% al 20% di proteine massimo). A questi livelli il ricavare energia dalle proteine, soprattutto animali, sovraccarica il metabolismo e porta l’organismo ad eccessiva acidosi, rischio osteoporosi, superlavoro dei reni per smaltire le scorie, rischi oncologici. Impossibile da mantenere per lunghi periodi (come peraltro onestamente e prontamente sottolineato dagli stessi ricercatori, ma scarsamente ripetuto dalla stampa). Fra l’altro, sempre riguardo ai mezzi di informazione, la cosa strana è che i legumi, suggeriti nella ricerca come fonte primaria di ottime proteine, si sono in molti casi misteriosamente persi per strada, sovrastati dalla carne… Insomma, pur se efficace è stata una dieta sperimentale, usata per breve tempo durante una ricerca sull’obesità, che non va trasformata in un’autorizzazione ad abbuffarsi di carne e formaggi, perchè alla fine è così che finisce. La dieta numero 2, a basse proteine (anche se con il 13% direi “giuste” più che “basse”) e basso indice glicemico ha avuto lo stesso buoni risultati, ma è stata giudicata peggiore per gradimento (troppa verdura, legumi e frutta, che chi proveniva da diete sbagliate non ha gradito?). Fra l’altro, giusto per rincarare la dose, proprio in questi giorni dalla Francia è arrivato il monito di fare attenzione ai pericoli per la salute causati da diete squilibrate e solo “di moda”, in testa proprio quelle con troppe proteine (4).
Detto questo, ammetterete che tutta questa macchina di informazione abbia leggermente distorto premesse e risultati della ricerca, un po’ per sensazionalismo, un po’ perchè si tende a dare più risalto a quello che asseconda i nostri gusti, aggiustando il resto. E una dieta del genere sarebbe stata, per molti ormai succubi di pratiche alimentari sbagliate, da fregarsi le mani. Come si è visto, spesso sono il lato psicologico e la scarsa forza di volontà che ci frenano, tanto che in questo studio i risultati sono stati positivi assecondando proprio questi aspetti con una dieta non perfetta ma che aveva come forte caratteristica positiva di essere ben accetta, saziante e facile da seguire. Il motivo che ha decretato la “vittoria” della dieta numero 3 è stato dunque lo stesso che ne ha decretato la vittoria mediatica: è quella che meglio si adatta al lassismo e agli errori del modo di mangiare moderno: non bisogna metterci troppa testa per pensare a dosi e ingredienti, è comoda, soddisfa la gola, non annoia… D’altra parte i soggetti reclutati per la ricerca non sono altro che un buon campione statistico di tutti noi.
Avendo dalla propria parte una sufficiente dose di volontà, la vera dieta perfetta e duratura per raggiungere il peso forma e mantenerlo in salute sarebbe semplicemente di mangiare meglio, mangiare meno e fare movimento. Ma questa è un’altra storia e, purtroppo, non fa notizia.
(1) – “Diets with High or Low Protein Content and Glycemic Index for Weight-Loss Maintenance”
Thomas Meinert Larsen e altri, per il “Diet, Obesity, and Genes” (Diogenes) Project
New England Journal of Medicine, novembre 2010
(2) – “Weight-Loss Maintenance — Mind over Matter?”
David S. Ludwig, Cara B. Ebbeling
New England Journal of Medicine, novembre 2010
(3) – “The Effect of Protein and Glycemic Index on Children’s Body Composition: The DiOGenes Randomized Study”
Angeliki Papadaki e altri – the DiOGenes Study Group
Pediatrics, ottobre 2010
(4) Agenzia Francese di Sicurezza Sanitaria, Alimentazione, Ambiente e Lavoro: “Valutazione dei rischi legati alle pratiche alimentari dimagranti”, novembre 2010
Concordo perfettamente con le suddette considerazioni dettate dal semplice buonsenso, che però non sembra ispirare affatto la società moderna, impegnata esclusivamente ad elaborare ogni tipo di stratagemma, anche i più sterili ed oziosi, pur di non cambiare nulla del proprio modo di pensare e di agire.
Lo vediamo per ogni tipo di problema e ad ogni livello (che poi in realtà sono tutti in qualche modo correlati tra loro).
Proprio per quanto riguarda le preferenze alimentari e le avversioni, che sono tirate in ballo nel presente articolo, la gente non si rende conto di quanto la propria condizione (a sua volta risultato delle abitudini) determini i propri gusti.
Voglio solo segnalare che di questo (e di molto altro) ho parlato nel blog di Autodifesalimentare.it, nei post intitolati “Il cibo come droga” e “Quando i bambini sono in balìa dei propri genitori”.
Sono anche titolare del blog http://www.membri.miglioriamo.it/unaltropuntodivista , dove tratto argomenti simili.
By: Michele Nardella on 7 dicembre 2010
at 15:39
Grazie :-)
By: pades on 8 dicembre 2010
at 00:26