Pubblicato da: pades | 5 gennaio 2011

Cereali: integrali, finalmente.

Riso integrale

Riso integrale

Entrare in una panetteria la mattina presto è un’esperienza sempre piacevole. Il profumo dei cereali appena cotti è per il nostro olfatto e per i nostri geni un pattern ben noto, basato probabilmente sul fatto che i primitivi pani e focacce, impastati sul momento, non lievitati e cotti su pietre ardenti o nella brace, erano masticabili e fragranti finchè erano caldi, per diventare poi rocciosi una volta raffreddati. Entrando in una panetteria austriaca, tedesca, o di quasi tutti i paesi nordeuropei notiamo con piacere che più della metà del pane esposto è scuro o addirittura nero, segno di una tradizione “integrale” ancora radicata. Meno entusiasmante la situazione francese, spagnola e, purtroppo, italiana. In panetterie e supermercati il pane integrale è spesso relegato in un angolo, prodotto in piccole quantità e spesso di pessima qualità. La pasta, nostra bandiera nel mondo e locomotiva della dieta mediterranea, campeggia sugli scaffali per decine di metri rigorosamente bianca, e quella integrale ne occupa una parte minima. In alcuni casi giace tristemente insieme agli alimenti “salutistici” e “naturali”, come se chi la consuma lo facesse perchè obbligato da qualche strana prescrizione o malattia. Trovare una pizzeria che usi la farina integrale è un’impresa disperata e i veri cereali integrali da colazione sono quasi inesistenti nella grande distribuzione e di conseguenza sulle tavole mattutine degli italiani. Eppure, secondo noi, se ben informato e motivato, il consumatore italiano sarebbe quello meglio predisposto ad un ritorno all’integrale, circondato dalla eccellente cucina italiana che è la più adatta, come sapori e tecniche, ai cereali integrali. E allora perchè questo stallo? Ritrosia dell’industria alimentare poco incline a costosi cambiamenti e nutrizionisti tentennanti non aiutano di certo.

Chi si interessa di alimentazione si sarà chiesto spesso perchè, qui in Italia, molti nutrizionisti (ma anche chi dovrebbe fare divulgazione alimentare) abbiano sempre trattato con sufficienza, e a volte anche sconsigliato, l’utilizzo dei cereali integrali al posto di quelli raffinati. Come ormai sapete, anche noi ce lo chiediamo, ormai da anni, senza trovare una buona spiegazione. Perfino in nord america, patria del junk food, le linee guida consigliano da anni senza esitazioni e senza eccezioni i cereali integrali. Che poi gli americani non le seguano e usino a sproposito troppi zuccheri semplici o altri carboidrati ad alto indice glicemico (vedi le patate), questo lo vedono tutti, ma almeno laggiù le linee guida, sui cereali integrali, sono ormai unanimi. In Italia lo scarso interesse di pubblico riguardo i cereali integrali (e di conseguenza la produzione e il consumo) è anche il riflesso dell’orientamento fumoso delle linee guida e di molti nutrizionisti negli anni passati, che spesso perdura tuttora. Solo da poco è stato, obtorto collo, aggiunto il temine “integrali” accanto alla parola “cereali” anche sulla piramide alimentare consigliata, ma i più conservatori pretendono ancora l’espressione “preferibilmente integrali”. Altri dicono addirittura che i cereali integrali sono una fissazione compensabile usando abbastanza frutta e verdura, essendo il loro vantaggio solo un maggior apporto di fibre. Peccato che anche in Italia le nuove generazioni consumino sempre meno frutta, verdura e legumi, rendendo oltremodo controproducente il già inutile consiglio. Ma poi, anche nel caso dei più virtuosi, perchè dovremmo vanificare gli effetti positivi di una dieta ricca di frutta, verdura e legumi utilizzando pane, pasta e cereali da colazione bianchi a più alto indice glicemico e con un’influenza meno salutare sul metabolismo di grassi e zuccheri? Sarebbe come smettere di fumare ma continuare ad abusare di alcolici: meglio che niente, sì, ma quasi inutile. E poi frutta e verdura hanno tipi di fibre diversi, antiossidanti diversi, sostanze bioattive diverse. Perchè ricondurre tutto e solo ad una semplice questione di fibre? Perchè accanirsi per anni contro i cereali integrali? Il mistero rimane.

A fare un po’ di chiarezza anche quaggiù è però finalmente giunto uno studio pubblicato dall’American Journal of Clinical Nutrition, condotto dall’Università scozzese di Aberdeen (1), uscito già qualche mese fa ma che in queste settimane viene ripreso dalle riviste più divulgative. Non è ovviamente la sola ricerca sull’argomento “cereali integrali contro raffinati“, ma solo l’ultima di una serie (centinaia) in cui quasi sempre è emerso chiaramente l’aspetto protettivo e positivo dei cereali integrali rispetto a quelli raffinati. L’originalità di questa è che (poi vedremo meglio i particolari) è stata condotta su soggetti sani (diciamo non patologici, via) e con prospettive di applicabilità estremamente semplici: sostituire gli alimenti prodotti con cereali raffinati con i corrispondenti integrali, reperibili con facilità nei negozi e nei supermercati. Il risultato è stato semplice: funziona. E niente risultati limite o percentuali stiracchiate: la ricerca trattava in particolare di ipertensione e la prospettiva è di un 15% di infarti e 25% di ictus in meno rispetto all’uso di cereali raffinati, e tutto questo in sole 12 settimane. Pensate i benefici che potrebbe portare affiancare l’uso dei cereali integrali ad una dieta naturale ricca anche di verdura, frutta, legumi, semi oleosi. La novità sta proprio nella semplicità e fattibilità della prescrizione, che potrebbe essere applicata, volendo, da subito e da parte di tutti, con risvolti preventivi (e pensate ai costi sanitari) notevoli. Gran parte delle ricerche passate infatti erano state eseguite su soggetti già patologici, seppur già con risultati molto incoraggianti, ma spesso questo era servito da scusa per non trasformarle in linee guida di massa per persone sane. Ad esempio una ricerca di qualche mese fa pubblicata da Circulation sull’uso di cereali integrali da parte di donne diabetiche di tipo II (e dunque a rischio cardiovascolare elevato) parlava di oltre il 30% di rischio in meno, una percentuale altissima (2). Qui le percentuali sono un po’ più basse perchè il rischio di partenza è più basso, ma sono comunque notevoli. Insomma è inutile negarlo, la protezione c’è, eccome. E ricordiamo che oltre alla protezione cardiovascolare (ma poi è tutto correlato) i cereali integrali migliorano la modulazione della glicemia, il metabolismo dei grassi e prevengono numerose forme tumorali dell’apparato digerente. Speriamo che nutrizionisti, stampa, industria alimentare e simpatizzanti di farina 00 e riso brillato comincino, almeno un po’, a ricredersi.

Vediamo i dettagli dello studio, presi dall’abstract e dalla trial registration:

Sono stati reclutati circa 200 volontari (uomini e donne), con queste caratteristiche:

  • dai 40 ai 65 anni
  • sovrappeso
  • sedentari o poco attivi
  • glicemia alta
  • colesterolo “buono” HDL basso
  • moderata ipertensione (>85/135, <99/160)
  • moderata ipercolesterolemia
  • nessuna patologia cardiovascolare o diabete in corso
  • nessuna terapia farmacologica cronica in corso
  • dieta che non comprendesse già molti cereali integrali
  • nessuna assunzione di integratori o antiossidanti

Insomma una buona fotografia del consumatore occidentale medio. Dopo una dieta volutamente “raffinata” di circa 4 settimane sono stati divisi in tre gruppi e assegnati a una fra queste tre diete, differenti solo per la tipologia di cereali utilizzati:

  • Dieta con tre porzioni quotidiane di avena e frumento integrale
  • Dieta con tre porzioni quotidiane di frumento integrale
  • Dieta di riferimento con tre porzioni di cereali raffinati (non integrali)

I cereali integrali erano quelli normalmente reperibili sul mercato (una metodica sempre più applicata, dunque niente alimenti fittizi ricostruiti in laboratorio): pane integrale, fiocchi di avena, ecc. La dieta è durata 12 settimane, durante le quali sono stati misurati pressione arteriosa, colesterolo totale ed LDL, risposta insulinica, marker di infiammazione, tonicità vascolare, ecc. I risultati sono stati una riduzione media della pressione sistolica (la massima) di 6 mm di mercurio, un risultato “comparabile a quello ottenuto attraverso farmaci specifici”. Questo si traduce in un minor rischio cardiovascolare, con un taglio stimato del 15% di infarti e 25% di ictus. I meccanismi con cui questo avviene sono sinergici e complessi, ma basati si suppone su un migliore metabolismo dei grassi e degli zuccheri con conseguenti minori picchi di insulina e infiammazione vascolare.

Questo solo con tre porzioni quotidiane di cereali integrali. Pensate alle potenzialità di una dieta naturale completa. Noi dunque continuiamo, sostenuti sempre più dalla scienza, nell’uso di pane integrale a lievitazione naturale, pasta, riso e farro integrali, muesli a colazione e speriamo che almeno le richieste di un pubblico più informato sugli effetti positivi dei cereali integrali riesca a smuovere mercato e aziende produttrici. Non piacerebbe anche a voi entrare in una panetteria e poter scegliere fra profumatissimi filoni, panini e focacce integrali di farro, frumento, segale e relegare finalmente nei ricordi quelle quattro pagnotte spacciate per “integrali” che sembrano fatte di cartone?

 

(1) “Effect of increased consumption of whole-grain foods on blood pressure and other cardiovascular risk markers in healthy middle-aged persons: a randomized controlled trial”
Paula Tighe, Garry Duthie, Nicholas Vaughan, Julie Brittenden, William G Simpson, Susan Duthie, William Mutch, Klaus Wahle, Graham Horgan e Frank Thies, Facoltà di Medicina – Universita di Aberdeen (Scozia)
American Journal of Clinical Nutrition, ottobre 2010

(2) “Whole-Grain, Cereal Fiber, Bran, and Germ Intake and the Risks of All-Cause and Cardiovascular Disease–Specific Mortality Among Women With Type 2 Diabetes Mellitus”
Lu Qi, Meian He ed altri, Università di Harvard – Boston
Circulation, maggio 2010


Risposte

  1. Mia moglie, ma sopratutto io, siamo ipertesi; mia moglie poi deve stare attenta ai soliti valori a livello di prevenzione. Sono un chimico, e mi sono anche interessato per alcuni anni di insegnamento e progettazione di corsi di merceologia alimentare all’ I.S.I.A. srl (Istituto Superiore di Informatica Applicata), accreditata Regione Campania. Ebbene, finora è il migliore articolo in assoluto che io abbia letto sull’ argomento, pr chiarezza, semplicità, all’ avanguardia, e documentatissimo.
    Complimenti! … e grazie! Ora debbo parlarne anche con mia moglie, perché è lei che se la vede per la cucina e per l’ acquisto degli alimenti.

    • Grazie! Per quello che riguarda la mia esperienza, i cereali integrali e i legumi mi hanno cambiato la vita. Anch’io anni fa tendevo all’ipertensione, e adesso non so più cosa sia.

  2. Non posso che condividere al 100% tutto quanto detto. Anch’io parlo di questi argomenti sul mio blog, oltre che su http://www.autodifesalimentare.it/blog.
    Ed anch’io sono sconcertato della insensibilità, non solo della gente comune riguardo l’importanza di una corretta alimentazione, ma anche del personale medico e degli stessi dietologi.
    Adesso che la scienza ha ormai appurato certi concetti, che per me erano già ovvi da prima, è davvero grave che si perseveri in abitudini sbagliate e nessuno dica niente. Se poi ci si mette pure la burocrazìa ad ostacolare certe norme sugli alimenti …

  3. Ottimo articolo, chiaro quindi di facile comprensione anche per i non addetti ai lavori. Sono una dietista e ai pazienti propongo sempre alimenti integrali, mi piace spiegare loro i vantaggi del loro consumo. E’ un peccato che la pasta, il riso , il pane integrale siano relegati in una posizione secondaria nei punti di vendita, come se fossero riservati a una piccola nicchia di utilizzatori.

  4. buongiorno e complimenti per il sito in cui mi sono casualmente imbattuto.
    compreso appieni i vantaggi di eliminare i lievitati di farine (quindi: grano tenero) 00, 0 e 1, non riesco a capire se esistono altrettanti concreti e commensurabili vantaggi della pasta di semola (quindi: grando duro). semola, quindi, non semola integrale. in termini di proteine e grassi non cambia poco (dalle schede delle paste), ma non capisco se e cosa cambia in termini di vitamine e sali minerali (mi pare contenuti solo nella crusca).
    cioè, mi pare di aver capito, che mentre la raffinazione del grano tenero è chimica ed elimina totalmente crusca e germe (e quindi vitamine e sali minerali), la raffinazione del grano duro non solo non sarebbe chimica (setacciatura) ma non depauperebbe nello stesso modo il prodotto finale.
    tradotto. posso continuare a dare la pasta di semola di grano duro (insomma la pasta bianca) al mio angioletto di 3 anni o devo e posso convertirlo mentre sono in tempo alle meno saporite paste integrali?
    grazie :-)
    Antonio

    • Occorrerebbe fare chiarezza su alcuni punti, ma ci vorrebbe una risposta chilometrica. Se vuoi approfondiamo in seguito, alcuni li chiariamo velocemente adesso. Se si parla di pasta è sempre preferibile il grano duro per la tenuta in cottura, relegando il grano tenero (ma solo integrale) a quella fresca preparata al momento e se non si è esperti nella sfoglia, altrimenti sempre meglio la semola integrale di grano duro.
      Chi l’ha detto che la raffinazione del grano tenero sia chimica? Chi anche raffinasse “chimicamente” il grano tenero (che peraltro non mi risulta) lo farebbe anche con quello duro… non c’è differenza di lavorazione fra tenero e duro.
      Riguardo integrale/non integrale: premetto che la mia opinione non vale un tubo rispetto a quella del pediatra (che fra l’altro conosce la situazione del bimbo), ma ti direbbe anche lui che dipende dal resto della dieta. Se il bambino ha una dieta bilanciata e mangia di tutto volentieri, la pasta integrale (se non in quantità eccessive) potrebbe andare bene, se ha carenze di minerali e fa ad esempio storie con il latte o le verdure sarebbe invece un fattore limitante (fibre, fitati). Insomma, dipende dai casi. Nel dubbio, in quantità non eccessive e con i bambini molto piccoli meglio la pasta bianca (sempre di grano duro), per non rischiare malassorbimenti. Un’altra cosa su cui fare chiarezza è il sapore: casomai è la pasta bianca a essere insapore, al contrario quella integrale è molto più saporita.
      Grazie a te e ciao.

  5. certo, intanto, grazie per la risposta. sapevo che il colore iperbianco delle farine 00 è anche dovuto a sbiancanti (http://www.——-).
    ieri ho avuto la grande delusione (direttamente da un cortese riscontro di un mio mito di molificio locale e biologico) che la pasta di semola non integrale esclude in toto sia la crusca che il germe. praticamente addio a vitamine e sali minerali.

    • Quello sbiancamento, se davvero la fanno, è un estremismo produttivo raro, per quel che ne so e sicuramente non viene fatto in Europa. Probabilmente per grani di scarsa qualità che necessitano di mascherare un colore poco “naturale” della farina.


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