(Per saperne di più vedi anche il numero zero)
Di questi tempi va di moda il corto: la filiera corta, la settimana corta, la memoria corta, ma anche la richiestissima etichetta corta: meno ingredienti ci sono, meglio è. Così, sulla spinta delle esigenze dei consumatori (leggi: o fai così o non ti compro) l’ufficio marketing e la produzione, tirati per i capelli, si adeguano. Ecco l’etichetta (lato ingredienti) molto politically correct di uno yogurt all’albicocca:
(yogurt intero, albicocche 10%, zucchero)
Niente male, vero? Bene, ecco ora l’etichetta dello stesso yogurt della stessa identica marca, ma che si trova nei buffet degli hotel (tipicamente a colazione, da dove l’ho prelevato io), nelle mense, nei self service:
(yogurt intero, zucchero, sciroppo di glucosio-fruttosio, frutta 3% – in questo caso albicocche -, aromi)
Io, nella mia semplicità, a parità di marca e di gusto (sempre all’albicocca era) mi aspettavo gli stessi ingredienti, e invece no. Già mi ero accorto di una differenza: quello da supermercato è di un vago colore aranciato (l’albicocca) mentre il secondo era desolatamente bianco. Una volta letta l’etichetta ho capito tutto: al buffet o in mensa non c’è concorrenza o possibilità di scelta da parte del consumatore, si è in condizione di monopolio, e dunque somministratore (la mensa) e produttore possono agire più in libertà: prezzi più bassi per il primo, costi di produzione più bassi per il secondo, e al consumatore non rimane che prendere quello che passa il convento.
Fra i due gemelli diversi c’è pure una bella differenza: il secondo ha molta meno frutta, più zuccheri totali (sciroppo di glucosio-fruttosio compreso) e ci sono scappati pure gli aromi (certo, portando l’albicocca a dosi molecolari…). Il 3% di albicocca su 125 g è mezzo cucchiaino di polpa per ogni vasetto, diciamo che con una sola albicocca ci si fanno una decina di vasetti. Dunque il 7% della costosissima albicocca del primo vasetto (che ne ha il 10%) è stata sostituita con yogurt, e parte dello yogurt è stato rimpiazzato da ulteriore zucchero. Come si vede dalla tabella nutrizionale, infatti, il tenore di zuccheri alla fine passa dal 13% al 13,8%.
Tenere due linee produttive separate per lo “stesso prodotto” (e dall’etichetta, ve lo assicuro, si vede che lo stabilimento è esattamente lo stesso) costa, dunque è evidente che il gioco vale la candela. Sostituire albicocca e yogurt con zucchero, una commodity (1) ormai di bassissimo costo, può far risparmiare, sui grandi numeri, molto denaro.
Il primo yogurt è quello che vorrebbero i consumatori, il secondo quello che vorrebbe il produttore. Il secondo yogurt, nei banchi frigo del supermercato, non avrebbe scampo. Se leggiamo le etichette.
(1) Commodity: è uno degli aspetti più evidenti della globalizzazione: un prodotto o una materia prima così standardizzati che non importa più chi sia il singolo produttore o da dove venga, e che si scambia sui mercati a prezzi livellati dal mercato stesso. E’ indifferente che lo zucchero venga dal Canada o dalla Cina, visto che è considerato assolutamente identico. Sono commodity anche il mais o il grano, ad esempio (vedi produzione della pasta) o, per molte produzioni, anche il latte.
Questa se me lo consenti … Te la copio !
By: scassandralverde on 26 novembre 2012
at 19:02
Copia pure.
Ciao.
By: pades on 26 novembre 2012
at 21:05
Grazie.
Ciao.
By: scassandralverde on 26 novembre 2012
at 21:13