Durante le vacanze estive notoriamente piacciono le letture che mettono ottimismo, e nessuna poteva darmene più dell’articolo comparso ad agosto sul Journal of American Medical Association (1), il cui titolo parla da sè: “Linee guida per l’alimentazione del 21° secolo: tempo di cibo”.
Abbiamo passato anni a leggere con i capelli dritti articoli che raccontavano di come, studiando un certo alimento ritenuto benefico, si scopriva il tiziocaiosemproniolo di turno ma, invece di promuovere il consumo dell’alimento originale, si finiva per farne un improbabile integratore o un ingrediente per qualche nuovo cibo artificiale. Dieci ricerche più tardi integratori e cibi costruiti si rivelavano nocivi, e allora ci chiedevamo perchè quel tipo di applicazione della scienza dell’alimentazione avesse tutto quel consenso. Ebbene, ora sembra che anche la ricerca scientifica si stia convincendo che quell’approccio fosse incompleto (diciamo sbagliato) e che i benefìci vengano in massima parte non da singoli componenti ma dalle sinergie di sostanze presenti negli alimenti naturali completi, e dalle sinergie fra gli stessi alimenti e il nostro organismo, frutto di millenni di adattamento. Mammano che leggevo mi venivano quasi le lacrime agli occhi.
Tento un breve riassunto (in realtà già l’articolo non è lungo nè pomposamente prolisso, come si conviene ai discorsi determinanti).
L’editoriale comincia rendendo il giusto omaggio agli albori della scienza dell’alimentazione, che studiando i singoli nutrienti presenti nei cibi capì, spiegò e debellò molte malattie (agrumi -> vitamina C -> scorbuto, ecc.). Mammano che i nutrienti venivano scoperti si rafforzò la convinzione che fossero loro i principali artefici di salute e malattia legati all’alimentazione, e si scivolò verso una visione quasi molecolare del cibo, pensando che integrando la dieta (qualunque essa fosse) con le giuste sostanze e decurtandola di quelle sbagliate si potesse controllare la salute dell’organismo. Il cibo nella sua “integralità” e completezza (il singolo ortaggio o frutto o seme) persero importanza e si fecero facilmente strada cibi “costruiti” che erano considerati sani se appena avevano le giuste proporzioni di nutrienti (carboidrati, grassi, proteine, vitamine, ecc.) arrivando a mettere sullo stesso piano nutrizionale ad esempio un frutto e una gelatina dolce colorata. Le “dosi giornaliere raccomandate” (RDA) e le tabelle con i valori nutrizionali (nutrition facts) divennero esageratamente considerate, portando a sostituire ad esempio (per rispettarle) in alcuni cibi i grassi saturi (che vennero ingiustamente demonizzati) con carboidrati semplici (farine raffinate o zuccheri) creando delle mostruosità alimentari dagli effetti ben peggiori degli alimenti naturali contenenti grassi saturi (carni non processate, uova, formaggi rustici, latte…) che si volevano “migliorare”, ma nonostante questo accettati addirittura nella stesura delle diete, nei programmi alimentari scolastici, nei ristoranti e nell’industria alimentare, visto che rispettavano le tabelle e le linee guida nutrizionali che erano basate sui singoli nutrienti. Come dimostrano le ricerche, però, questo approccio non sembra aver avuto effetto sulla prevenzione delle malattie croniche. Le etichette e le tabelline nutrizionali non aiutano affatto nella scelta di alimenti sani, e d’altra parte i cibi naturali (frutta, verdura, …) non hanno etichette di questo tipo.
D’altro canto si continua a verificare che le popolazioni che in passato o anche in epoca moderna seguivano certi salutari schemi dietetici (ad es. dieta mediterranea, vegetariana, ecc.) si ammalavano effettivamente meno di tutte le patologie più gravi (cardiovascolari, cancro, diabete, osteoporosi…) pur senza preoccuparsi di linee guida, RDA e tabelline varie.
La spiegazione è che quegli schemi alimentari contengono già automaticamente le giuste proporzioni dei nutrienti che in tutti questi anni la scienza dell’alimentazione ha studiato e scoperto e ora raccomanda, senza dover seguire particolari indicazioni se non utilizzare cibi integri e naturali e tradizionali di quella dieta. Ma con qualcosa in più: in pratica la ricerca alimentare è arrivata passo passo a confermare che i cibi veri e naturali sono meglio della somma dei singoli nutrienti perchè sfruttano le complesse sinergie che si scatenano quando centinaia di composti chimici sono presenti insieme nello stesso ortaggio, frutto, seme, ricetta o dieta intera. Le sostanze presenti nei cibi naturali sono migliaia, e sinergie, effetti e combinazioni sono difficilmente afferrabili dalle ricerche scientifiche che si focalizzano solo su singoli nutrienti. Ecco perchè, come viene detto nella parte finale, le nuove linee guida per l’alimentazione dovranno incentrarsi più sui cibi che sui singoli nutrienti: sono più affidabili e più facili da capire per chiunque.
Se ad esempio prima si diceva che metà delle calorie dovevano essere carboidrati, ora si specificherà che è meglio siano provenienti da cereali integrali e non da farine raffinate o zuccheri semplici, se si parla di latticini non si tollererà più uno yogurt zuccherato “senza grassi” o una crema da spalmare industriale ricostruita, ma si consiglieranno latte, formaggio rustico e yogurt intero. La frutta e la verdura non potranno più essere sostituite, se si vogliono rispettare le linee guida, da frappè zuccherati, marmellate, gelatine o brodaglie industriali.
In pratica è come se dicessero: va bene, dopo decenni di studi siamo arrivati a capire più o meno come funziona l’alimentazione, e che sono coinvolti molti singoli nutrienti, molecole e sostanze, ma gli studi riassuntivi ci dicono che fidarci dei cibi veri, semplici e naturali e delle diete che hanno favorito popolazioni più sane di altre sia evidentemente più efficace, anche perchè le stesse ricerche sui singoli nutrienti lo stanno mammano confermando. Dunque per essere più comprensibili ed efficaci le indicazioni dietetiche si devono basare sui cibi veri.
Un esempio banale? Si sa che gli antociani contenuti nei mirtilli (ma anche uva nera, more, cavolo rosso, …) fanno benissimo, ma purtroppo l’indicazione scientifica e dietetica si fermava lì: forti di questo etichette e pubblicità portavano la gente a gettarsi, pensando di far bene, su gelati al mirtillo, marmellate al mirtillo, caramelle al mirtillo, biscotti al mirtillo, bibite con mirtillo o integratori di antociani. Ora si dirà: se volete beneficiare degli antociani mangiate i mirtilli, l’uva nera, il cavolo rosso.
Alcune citazioni, che potrebbero a pieno titolo essere scambiate per affermazioni di naturisti radicali e che assai raramente si erano lette finora su riviste mediche e di ricerca alimentare:
“… Sebbene questo approccio [il ritorno ai cibi veri – nda] possa sembrare radicale, in verità rappresenta un ritorno a un tipo di alimentazione più tradizionale e verificato dal tempo. Diete salutari basate su cibi veri esistono da sempre presso alcune popolazioni. La moderna scienza della nutrizione ha dimostrato che questi cibi veri e le diete basate su di essi incidono sulla salute, favorendo approcci più efficaci per la prevenzione delle malattie croniche…” (1)
“… Frutta, verdura, cereali integrali e semi oleosi sono fortemente associati ad un minore rischio di malattie. Il consumo di pesce riduce il rischio di mortalità cardiaca, smentendo la sua categorizzazione con altre fonti di proteine. All’opposto, insaccati, cibi industriali, da fast food e bevande zuccherate aumentano il rischio di malattie croniche…” (1)
“… Gli effetti dei cibi veri probabilmente riflettono una complessa sinergia fra i componenti del cibo, la preparazione, il tipo di grassi, la qualità dei carboidrati (ad. es. indice glicemico, contenuto di fibre), il tipo di proteine, micronutrienti, sostanze bioattive (phytochemicals)… Così, indicazioni sui cibi veri aumentano la probabilità di consumare più sostanze nutritive salutari e meno calorie, e di diminure il rischio delle malattie croniche, mentre il contrario è probabilmente avvenuto attraverso decenni di linee guida basate sui singoli nutrienti…” (1)
Un articolo del genere fa sicuramente più scalpore in nordamerica che da noi, vista la maggiore contaminazione da cibi finti, junk food, alimenti “(ri)costruiti” e per niente naturali, dove le tabelline con i “nutrition facts” sulle confezioni determinano la vita o la morte commerciale di un prodotto. Ma vista la considerazione di cui godono le linee guida americane presso i nostri nutrizionisti si spera in una ventata di novità anche quaggiù, dove ci son voluti decenni per non fargli storcere il naso al solo nominare i cereali integrali…
Ovviamente questo non vuol dire assolutamente mettere in secondo piano la ricerca sui singoli nutrienti e sui meccanismi biochimici dell’alimentazione, anzi. Significa piuttosto, nell’applicarla, tenere conto anche del fatto che una certa sostanza fa parte di un cibo vero, che a sua volta fa parte di una certa dieta, ed avvalorare quel cibo e quella dieta dando così un valore aggiunto di comprensibilità ed applicabilità alla ricerca, e di non dare a questi aspetti un valore marginale come si è fatto finora. Anche questa è una forma di utile sinergia, che può migliorare i risultati e l’applicazione finale degli studi. Vuol dire anche prendere più studi su singole sostanze ed abbracciarli in una visione più ampia, prima di dare indicazioni dietetiche che possono risultare bislacche o nocive.
Speriamo che questa corrente di pensiero, che in realtà (seppur timidamente) si fa strada da qualche tempo nella scienza dell’alimentazione, riesca a fare breccia nel muro dei produttori di integratori e della grande industria alimentare (certo non favoriti da questo approccio) e riesca a tracciare una via che molti altri scienziati vorranno seguire creando un nuovo inarrestabile filone di ricerca.
Potremmo leggere sempre più spesso di ricerche che, nelle conclusioni finali, invece di raccomandare l’uso di questa o quella sostanza, vitamina o minerale diranno che per prevenire una certa patologia occorre mangiare i cavoli, o i pomodori, o certi legumi, o i cereali preparati con questa o quella verdura, e ben venga se ci spiegheranno anche il perchè, citando meccanismi e sostanze coinvolti.
Ma questa… è quasi macrobiotica!
(1) Dariush Mozaffarian, David Samuel Ludwig – Harvard Medical School,
“Dietary guidelines in the 21st century – a time for food.”
JAMA – Journal of American Medical Association – Agosto 2010
GRAZIE!
Finalmente un articolo che fa piazza pulita di tanta pseudo scienza alimentare.
La natura è molto più complessa dei nostri giochini da laboratorio. Bisogna capirla, non contrastarla. Alla fin dei conti, a rimetterci siamo soltanto noi.
By: Zeferino Siani on 19 novembre 2010
at 17:27