Pubblicato da: pades | 5 agosto 2011

Ma questi antiossidanti funzionano o no? (seconda puntata – la nebbia si dirada)

Frutta

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Col passare degli anni gli studi e le ricerche scientifiche sui temi della nutrizione aumentano, si diramano, si specializzano e si affinano sempre più. Un argomento dapprima roccioso viene affrontato, triturato, studiato rendendolo via via un insieme di piccoli sassi, più semplici da capire e da spiegare. Alcuni sono così specifici che diventano quasi granelli di sabbia, molto maneggevoli ma dai quali è più difficile risalire alla natura, e soprattutto al contesto, dell’argomento iniziale. Non è quindi per niente raro che alcuni di questi granelli ne contraddicano altri nelle conclusioni e perfino nelle implicazioni pratiche, generando in chi fa divulgazione grandi grattacapi. E’ per questo che ai divulgatori piacciono tanto le “review” (revisioni), che tendono a rimettere insieme i pezzi: un gruppo di studiosi si arma di tanta pazienza, raccoglie tutte le ricerche fatte su un certo argomento di cui è esperto, le analizza, scarta quelle inconcludenti, dà più peso a quelle basate su campioni più vasti e di maggiore durata o dai risultati più evidenti, e produce una sorta di “stato dell’arte”, da cui magari ripartire, anche nell’informazione.

E’ questo il caso di una recente, eccezionale review sui polifenoli (1), che ci consente di tornare sul discorso “antiossidanti” e che sta scatenando un putiferio simile a un petardo gettato in un branco di gatti, ma che conferma molte tesi dei sostenitori dell’alimentazione naturale (e per la verità, al contrario dei “gatti”, non li sorprende più di tanto). Va subito detto che antiossidanti non vuol dire solo polifenoli (ci sono anche vitamina C, vitamina E, carotenoidi, …), ma questi ultimi hanno avuto negli ultimi anni grande fama, tanto da renderli per il grande pubblico quasi sinonimo di antiossidanti in generale. Fama cavalcata a briglia fin troppo sciolta da chi produce (o usa nei propri prodotti) costosi quanto spesso inutili (se non controproducenti) integratori. Ma teniamo per dopo le conclusioni e vediamo cosa dice la revisione.

Il gruppo di lavoro viene dall’INRAN ed è guidato da Mauro Serafini, nome noto a chi si interessa di nutrizione grazie ai numerosi studi pubblicati sugli antiossidanti. Un paio di anni fa un suo studio (2) mi fece addirittura rielaborare la mia colazione tipica (latte/yogurt + muesli + frutta) portandomi a variare più spesso il liquido in cui faccio ammorbidire i cereali: le conclusioni dicevano che gli antiossidanti (in quel caso provenivano da mirtilli, dunque per lo più polifenoli antociani) venivano resi quasi inutilizzabili dal latte. In realtà i miei timori erano eccessivi (pensavo che a quel punto molti vantaggi della frutta, usando latte o yogurt, andassero persi), ma in pratica da allora non mi dispiace, anche come gusto, alternare nel muesli latte e yogurt con succhi di frutta, latti vegetali, anche solo acqua limone e miele… ma torniamo a noi: Serafini da anni dice che i polifenoli sono poco o pochissimo biodisponibili, o comunque hanno concentrazioni ematiche troppo blande per avere effetto antiossidante diretto in quelle condizioni e per quello che è lo stato attuale delle conoscenze, e questo risultava dagli esperimenti fatti all’INRAN. Ora la sua review, che ha analizzato gli oltre 150 studi più convincenti, per un totale di oltre 200 risultanze, gli dà in un certo senso ragione, e in più dalle conclusioni e dalle dichiarazioni dei curatori vengono fuori diverse cose interessanti:

La quantità di polifenoli che si ritrova nel sangue e nei fluidi extracellulari è piccola, troppo piccola per avere un forte effetto antiossidante diretto. Ma d’altra parte c’è l’evidenza che gli alimenti che contengono molti polifenoli hanno un effetto protettivo. E allora, come si spiega? Secondo i curatori sono i meccanismi di azione che sono ancora poco conosciuti, ossia attraverso quali meccanismi gli antiossidanti provenienti dagli alimenti esercitino la loro azione e dopo quali trasformazioni in altri metaboliti. Si suppone anche che promuovano nell’organismo la produzione di altri antiossidanti o difese, amplificando l’effetto. Si pensa anche che alla base di tutto ci siano sinergie ancora poco note, che evidentemente hanno luogo solo consumando alimenti veri e completi, e non singole sostanze o peggio integratori. Tenendo conto che i soli polifenoli sono diverse migliaia si intuisce la differenza. Il fatto che non vengano assorbiti in grandi quantità avalla anche l’ipotesi che siano utili a livello intestinale, e che la nostra evoluzione abbia assecondato questo effetto positivo. Molti spunti, finalmente ufficializzati, da cui far partire nuove ricerche, dunque.

Si è notato inoltre che l’effetto dei polifenoli è molto maggiore in soggetti affetti da stress ossidativo, mentre è poco apprezzabile nelle persone sane, come se l’organismo attingesse a piene mani alle risorse esterne solo se necessario, per tenerle invece a bassi livelli se non servono. E’ interessante che questo sia il concetto più sottolineato dai titoli di chi ha ripreso la notizia, come a voler dire che “se stai già bene non servono a nulla”. Ma magari chi sta bene è in quelle condizioni proprio perchè consuma alimenti ricchi anche di quegli antiossidanti (frutta, verdura, legumi…). In realtà sarebbe interessante capire il motivo per cui proprio questo aspetto abbia tanto colpito la macchina dell’informazione… magari perchè quei soggetti sono un buon “target” per il marketing degli integratori? Tuttavia, proprio a questo proposito, i ricercatori ribadiscono che i polifenoli sembrano agire solo nel contesto dell’alimento originale, mentre se sono assunti isolati o singolarmente l’effetto è imprevedibile: mancano i meccanismi di contorno, le sinergie sulle quali il nostro organismo si è evoluto lungo i millenni, durante i quali l’evoluzione ha favorito gli individui che sapevano sfruttare quei meccanismi. Una sinfonia non si può suonare con un solo strumento che emette una o due  sole note, aggiungiamo noi.

Un’altra considerazione, che butto lì prima delle conclusioni: molti sminuiscono il valore degli antiossidanti dicendo che quelli di frutta e verdura servono più agli stessi frutti che a chi li mangia, perchè le piante li producono per prevenire marcescenze o attacchi di parassiti, volendo sottointendere che quando arrivano a noi siano ormai inutili o esauriti. Ma ragioniamo: se noi cogliamo un frutto nel pieno della maturazione, con il carico di antiossidanti al massimo e che la pianta ancora non ha utilizzato (mica mangiamo frutta e verdura al limite del marcio…), ebbene è evidente che di quel carico di antiossidanti ne possiamo approfittare noi, ed è probabilmente questo a cui l’evoluzione ci ha abituati. In pratica, è vero che se mangio una mela o un’arancia vecchie e raggrinzite la quantità di antiossidanti è ormai al minimo, ma se le mangio fresche o appena colte è per forza tutta un’altra faccenda, e se ne mangio tante è ancora meglio.

Insomma, cose che abbiamo già detto in tempi non sospetti, tutte tesi che l’alimentazione naturale sostiene da tempo, e che rafforzano sempre più la convinzione che sia quella più adatta all’uomo. Pensando al grande pubblico il timore è che la faccenda, particolarmene scomoda per chi produce, usa e fa usare antiossidanti e integratori in genere, sarà agevolmente messa in secondo piano grazie all’oblìo estivo e alle sue notizie da spiaggia, e a settembre farmacie ed erboristerie torneranno a riempirsi di boccette e blister con la scritta colorata “ricco di polifenoli antiossidanti”. Vedremo.

(1) – Serafini, Miglio, Peluso, Petrosino (Antioxidant Research Laboratory, Unit of Human Nutrition, INRAN – Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma)
“Modulation of Plasma Non Enzimatic Antioxidant Capacity (NEAC) by Plant Foods: The Role of Polyphenols”
Current Topics in Medicinal Chemistry, 2011;11(14):1821-46.

(2) – Mauro Serafini e altri (Antioxidant Research Laboratory, Unit of Human Nutrition, INRAN – Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma)
“Antioxidant activity of blueberry fruit is impaired by association with milk”
Free Radical Biology and Medicine, Volume 46, Issue 6, 15 Marzo 2009, Pagine 769-774


Risposte

  1. ottimo blog. finalmente info serie e scientifiche in un mondo fatto invece di mere parole.


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