Il carnevale si avvicina, la primavera anche, e le insalate cominciano a diventare più varie e colorate. Quella che vedete qua sotto è stata subito ribattezzata dal piccolo, visto il periodo, “insalata arlecchino” e unisce una bontà e un colore strepitosi con una grande facilità di preparazione. Giusto per passare in maniera soft dalle insalate invernali a quelle primaverili.
Per 2-3 persone servono:
– 1 finocchio
– 1 mazzetto bello fresco di 8-10 ravanelli con tutte le foglie
– 1 grossa arancia o due medio-piccole (navel se piace il gusto più dolce, tarocco se vi piace meno dolce)
– 1 piccolo peperone rosso (in questo periodo ci sono quelli sardi, lunghi e dolci: trovati alla Coop)
– olio extra vergine di oliva
Abbiamo lavato, tagliato e mescolato le verdure, sbucciato l’arancia, tagliata e aggiunta al resto (avendo cura che l’eventuale succo rimanga nell’insalata), e condito il tutto con poco olio. Niente sale. L’arancia, protagonista di questa insalata, deve essere ottima e bella grossa. Io la preferisco dolce, tipo navel.
Dopo aver gustato questa bella doppia porzione (perchè doppia? Vedrete…) di verdure potreste trovare interessante leggervi una notizia derivata, in qualche modo, dalla vicenda della “frutta e verdura inutili contro il cancro” di qualche mese fa. Lascio in fondo i vari riferimenti per chi vuole approfondire, ma vi riassumo anche volentieri il tutto. Ricordate la gigantesca survey europea EPIC (480000 persone seguite per 8 anni), che aveva fornito i dati per estrapolare le tanto discusse conclusioni sulla scarsa prevenzione di frutta e verdura? Bene, sulla stessa base di dati è stato fatto un altro studio, questa volta sui malanni cardiovascolari (1), ripreso da molti giornali soprattutto in rete, che più o meno dice questo: aumentando di molto il consumo di frutta e verdura cala allo stesso tempo il rischio di avere problemi cardiovascolari, fino al 22% di rischio in meno se si arriva a 8 porzioni al giorno, rispetto a chi ne consuma solo 3. Otto porzioni? Al giorno? E come ci arrivo? Fermi, fermi: frenate lo sconforto e l’impulso a qualche colorita imprecazione: leggendo meglio si viene a sapere che le porzioni sono striminzite, di soli 80 grammi l’una (per intenderci il peso di una carota, o di un kiwi piuttosto piccolo, o di mezzo bicchiere di spinaci bolliti). Già vi vedo riprendervi: ma allora chi segue un’alimentazione anche solo blandamente naturale quante porzioni del genere accumula al giorno? Altro che otto. Bene, direte voi: per chi già mangia frutta e verdura in abbondanza è una bella notizia, al limite va ripulita dalla solita informazione sempre vaga e sensazionalista… e allora? Aspettate, il bello viene adesso.
Nell’editoriale (2) collegato alla ricerca e nei commenti degli autori si disserta, come sempre, sul significato dei dati e sulle conclusioni. Ed è qui che vengono fuori le cose interessanti, perchè la percezione è che ancora e nonostante tutto rimanga una certa sensazione di diffidenza e scarso convincimento, da parte degli scienziati, riguardo la possibile protezione di frutta e verdura contro le malattie croniche. Come spiega Michael Marmot nell’editoriale, i numerosi studi fatti in passato hanno sempre lasciato dubbi su questo legame, tanto da arrivare a pensare che “se il legame non si trovava era perchè magari non c’era affatto”, un po’ perchè gli studi erano piccoli, un po’ perchè basati su altri nutrienti (per lo più i grassi), un po’ per la complessità di studiare intere diete. Ma, ribattiamo noi, una analoga survey americana del 2002 (3), di ben nove anni fa e che fra l’altro fa parte della bibliografia dello studio, pubblicata dall’American Journal of Clinical Nutrition (che non è proprio li Corriere dei Piccoli) era partita da dati simili (anche se più piccola, “solo” 10000 persone seguite per quasi vent’anni) ed era arrivata a percentuali di prevenzione e numero di porzioni assolutamente analoghe (fatti i debiti aggiustamenti visto che lì le porzioni erano più grandi). Insomma questi “dubbi” sono così profondi che quasi un decennio (e decine di altri studi analoghi) non sono bastati a fugarli… Ma ora, conferma Marmot, i numeri dell’EPIC cominciano a convincere un po’ di più, anche se un’ombra di incertezza non vuole proprio saperne di abbandonare gli scienziati. L’orientamento dei commenti su questa e altre ricerche, insomma, è sempre più o meno questo: “Sì, il rischio cala ma non è detto che siano solo le verdure: magari chi segue un’alimentazione più sana ha anche altri comportamenti protettivi, ad esempio fa più movimento”, “chi mangia molta verdura tende a essere più magro, mettendo in atto un altro fattore protettivo”, “frutta e verdura funzionerebbero anche se fossero solo fibra e acqua, perchè il loro effetto maggiore è evitare che si mangino schifezze, saziandoci prima”, “visto che i meccanismi protettivi delle verdure sono ancora in gran parte sconosciuti, non possiamo essere certi che sia solo merito loro”, “se fosse vero questo allora basterebbe una pillola con dentro tutte le sostanze dei vegetali e si avrebbe lo stesso effetto” (cominciavo infatti a preoccuparmi: erano mesi che qualcuno non invocava più la pillolona salva-tutto di turno). Ma su questo Marmot fortunatamente frena subito: tutti i tentativi di somministrare singoli integratori sono falliti, “probabilmente perchè non sono vitamine e antiossidanti gli elementi veramente protettivi” (ah, ecco). E poi di pillola proprio gigante dovrebbe trattarsi, visto che leggendo ad esempio il vasto documento di quasi 540 pagine su “nutrizione, movimento e prevenzione del cancro” (3) di cui fra l’altro proprio Marmot cura l’introduzione e che compare nelle references dell’editoriale, si legge, riportando uno studio di WJ Craig (4), che in una dieta normalmente varia entrano in gioco circa 25000 (venticinquemila) differenti composti bioattivi, con effetti, sinergie e interazioni in buona parte ancora assolutamente sconosciuti. Vorrei vedere le dimensioni di una pillola con anche solo 1000 di quei 25000 componenti… scelti come poi? A caso? Ma a quel punto non conviene mangiare frutta e verdura? Comunque in conclusione, anche se a denti stretti, tutti gli autori dello studio confermano che nonostante tutto un aumento del consumo di frutta, verdura e alimenti vegetali in genere sia consigliabile, e da incentivare al più presto tramite le linee guida. “Più frutta e verdura si mangiano, meglio è” è lo slogan poco convinto che ne esce. Se non altro sono alimenti collaudati da centinaia di migliaia di anni di evoluzione, diciamo noi. E così siamo tutti contenti.
A questo punto, però, una riflessione si impone: ma perchè anche di fronte all’evidenza epidemiologica gli effetti di frutta e verdura vengono sempre messi in dubbio? Il primo motivo addotto è di solito questo: visto che la scienza non riesce ancora a capire i meccanismi di azione (perchè troppo complessi) allora non possiamo essere certi che funzionino, dunque non si può affermare la loro efficacia. Scientificamente ineccepibile, concordiamo. Ma curiosamente per molti farmaci non si è così rigorosi sulla conoscenza esatta dei meccanismi… Prendiamo un esempio che in questi giorni, vista l’influenza che gira, abbiamo tutti davanti: il celeberrimo paracetamolo (non fatemi dire nomi commerciali, tanto ne abbiamo tutti almeno una scatola in casa), usato da chiunque (spesso a sproposito) per febbre e dolori vari, dai neonati alle donne in gravidanza ai bambini agli anziani, in tutto il mondo. Come molti sanno ha meccanismi di funzionamento in buona parte sconosciuti: ma funziona e non fa troppo male (anche se ora l’FDA gli ha messo gli occhi addosso per i rischi di sovradosaggio), e questo è sufficiente. Perchè per le nostre frutta e verdura non può essere applicato un principio simile? Forse perchè non possono essere riprodotte in laboratorio e costano poco? Il secondo grande motivo, cioè il fatto che avrebbero gli stessi effetti anche se fossero solo fibra e acqua perchè più che altro ci impediscono di abbuffarci di grassi, zuccheri e proteine, è basato sulla teoria che dieta ipocalorica e magrezza siano la chiave di tutto. Se fosse solo questo il motivo, però, dovrebbe portare chi soffre la fame ad avere una salute eccelsa, cosa che non sembra affatto vera perchè anche i nutrienti e le sostanze bioattive sono importanti. Insomma, ci sembra che il freno principale sia sempre la convinzione di dover trovare uno solo o pochi responsabili dell’effetto protettivo, e di non rassegnarsi alla presenza di sinergie complesse, al momento difficili da mettere a fuoco, dovute agli alimenti, allo stile di vita, all’ambiente, alla psiche nel loro insieme. D’altra parte se non ho il microscopio non è che i batteri non esistono, semplicemente non li vedo… Mi rendo conto che in questo post la mia anima scientifica è stata un po’ sopraffatta da quella istintiva, ma spesso gli appassionati di alimentazione naturale si sentono come quegli astronomi che hanno previsto l’esistenza di un pianeta notando gli effetti sui pianeti vicini, anche se non potevano ancora vederlo… Molti scienziati sembrano dunque ripetere “sì, intuiamo che verdura e frutta proteggono, ma… però… chissà…” Il problema è che finchè rimane questo alone di dubbi e non ci saranno le tanto invocate prove scientifiche inoppugnabili sulla salubrità dell’alimentazione naturale, i consumatori non si schioderanno dai cibi finti della grossa industria alimentare e degli integratori, visto che l’opinione pubblica (giustamente per certi versi) si riesce a smuovere solo in presenza di messaggi certi, convincenti e di prove non nebulose. Speriamo dunque nel successo anche dei prossimi studi e anche in una più coraggiosa presa di posizione dei ricercatori.
Comunque fa piacere vedere che con il passare del tempo l’alimentazione naturale ha sempre più conferme scientifiche di efficacia, e che molti scienziati ci credono. Forse ha solo il difetto di non prestarsi facilmente a speculazioni economiche, il che la rende marginale nella nostra società moderna basata sul denaro e non sul benessere, dove l’industria si ostina a voler sintetizzare la natura invece di affiancarla, dove il marketing scintillante ci obbliga a pensare che una cosa semplice e poco costosa come un’insalata non può essere efficace, ma una bella pillola colorata, invece…
(1) Francesca Crowe e altri
“Fruit and vegetable intake and mortality from ischaemic heart disease: results from the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC)-Heart study.”
European Heart Journal, gennaio 2011
(2) Michael Marmot
“Fruit and vegetable intake reduces risk of fatal coronary heart disease”
European Heart Journal, gennaio 2011
(3) World Cancer Research Fund / American Institute for Cancer Research.
“Food, Nutrition, Physical Activity, and the Prevention of Cancer: a Global Perspective.”
AICR (American Institute for Cancer Research), 2007
(4) Craig WJ.
“Phytochemicals: guardians of our health.”
Journal of American Diet Association, 1997
La risposta ai dubbi sui risultati scientifici ce l’avete sotto il naso e tuttavia non la vedete, nonostante il nome del vostro blog, “La mia macrobiotica mediterranea”.
Chi conosce davvero, chi capisce la macrobiotica infatti sa che è proprio il suo punto di vista ciò che occorre ad integrare la visione intrinsecamente limitata e i dati che la scienza ha dei fenomeni.
Come giustamente affermate, nei sistemi complessi come gli organismi viventi, in cui le varianti e la interazioni sono troppo complesse, la scienza mostra il suo tallone d’Achille, e non è in grado di giungere a conclusioni precise e definitive.
Comprendere e saper applicare i princìpi macrobiotici (la bussola universale, come diceva Ohsawa), invece, ci aiuta moltissimo nell’impresa, e ci consente di dirimere molte questioni altrimenti irrisolvibili.
By: Michele Nardella on 4 marzo 2011
at 10:36
macrobiotica=(pseudo)filosofia
nutrizione=scienza
la nutrizione non può basarsi su filosofie o religioni ma solo sulla scienza, che può comunque confermare alcune credenze o tradizioni che da loro derivano.
La macrobiotica se applicata come diceva Ohsawa scientificamente può produrre più danni che benefici.
By: brian o blivion on 4 marzo 2011
at 21:16
E infatti qui non applichiamo la macrobiotica stile Ohsawa, così siete tutti contenti.
E’ interessante notare come i due commenti precedenti siano proprio agli antipodi…
By: pades on 4 marzo 2011
at 22:31
E’ la solita risposta automatica e dogmatica di chi porta i paraocchi perchè la società e la cultura imperante glieli hanno imposti e vuole tenerseli a vita. Contento lui…
Per me è segno di scarsa autonomìa intellettiva.
By: Michele Nardella on 4 marzo 2011
at 23:08
A quale risposta automatica e dogmatica ti riferisci? Alla mia o a quella di brian o blivion?
By: pades on 4 marzo 2011
at 23:30
Ognuno ha i suoi limiti (e quelli di Brian O Blivion sono evidenti), ma spesso questi limiti ce li imponiamo noi stessi scegliendo di aderire ai concetti e ai condizionamenti che ci vengono dall’ educazione scolastica e dalla società.
LA SCIENZA NON HA VALORE ASSOLUTO!
SE ce l’avesse, come mai sbaglierebbe così spesso, e come mai ci sarebbero così tante teorìe e opinioni diverse?
Questa non è una mia opinione, ma quella di scienziati all’ avanguardia, come il fisico Fritjof Capra e l’oncologo Franco Berrino (noto simpatizzante della macrobiotica).
Il confine tra scienza e filosofìa è del tutto arbitrario, e l’alternativa alla scienza non è necessariamente la religione, o il dogmatismo, oppure la superstizione, ma un modo di usare il cervello (sempre per chi ne sia fornito e sia disposto ad usarlo) che l’uomo moderno nella sua ubriacatura scientifica ha da tempo dimenticato, ma che ha pari dignità di quello analitico e razionale: il pensiero intuitivo, sintetico e analogico, che adesso si impone se si vuole davvero fare un bel passo avanti nel progresso dell’ umanità.
La macrobiotica non è “quella di Ohsawa”, ma quella di chi sa leggere e interpretare il suo messaggio, come hanno fatto i suoi successori nel loro impegno di approfondimento e divulgazione.
Invito a visitare il mio blog per chi volesse saperne di più.
By: Michele Nardella on 5 marzo 2011
at 09:48
che in questo blog non si applica la macrobiotica stile Ohsawa si poteva intuire, sia dal 2° post (“Perchè macrobiotica e perchè “mediterranea”?”) e sia dagli articoli, di competenti riviste scientifiche, che correttamente vengono citati. Per questo motivo considero buono e meritevole l’atteggiamento del blog che cerca di avvicinare tradizione mediterranea alla moderna scienza (unico metodo valido a nostra disposizione).Volevo solamente essere chiaro su questo punto, per il resto non proferisco parola, credo che sia stato già tutto detto dalla storia.
By: brian o blivion on 5 marzo 2011
at 15:03
Sono d’accordo con brian o blivion: la scienza è l’unico metodo valido che abbiamo per mettere alla prova le nostre proposte e teorie. Nessuno può dire “quello che dico è giusto e ci devi credere” senza essere sottoposto a verifiche, e le uniche verifiche possibili sono quelle scientifiche. Ne esistono forse altre di affidabili? La scienza non va confusa con gli scienziati, che sono uomini e possono sbagliare e avere “simpatie” che influenzano i loro risultati, e applicano tecniche che su certe tematiche complesse sono ancora inappropriate e insufficienti, per loro stessa ammissione. Ma le tecniche saranno migliorate e se una teoria è giusta le conferme arriveranno. Grandi scienziati del passato non avevano gli strumenti matematici e scientifici per dimostrare quello che avevano intuito e che è stato poi dimostrato decenni o secoli dopo. Questo era un po’ il senso del post ed è quello che penso. Eventuali mancanze della scienza sono da imputare a carenze di tecniche, di uomini o di mezzi, non al metodo scientifico in sè che rimane valido. Lo stesso Berrino (ammirabile) sta lottando per imporre le sue teorie con il metodo scientifico. Il suo attuale progetto Diana-5 alla fine produrrà articoli scientifici che saranno pubblicati su riviste scientifiche e che serviranno da spunto per altre ricerche scientifiche. Ed è per questo che, se ha ragione, il suo lavoro sarà utile. Se invece andasse per palasport vestito di una tunica colorata come fanno certi trascinatori americani non servirebbe quasi a nulla, anche se dicesse le stesse cose.
Detto questo, come ho già scritto nei commenti ad altri post, invito tutti a discutere solo sui contenuti e non sulle competenze altrui. Ad esempio Michele non può sapere nulla sulle competenze di brian o blivion nè sulle mie o di altri commentatori, e dunque lo invito ad evitare commenti del genere.
By: pades on 5 marzo 2011
at 22:19
Il pensiero intuitivo, sintetico e analogico NON è parte del pensiero scientifico, che si basa invece sul riduzionismo e sull’analisi, che sono l’esatto opposto;
quanto alle competenze, a quanto pare neanche voi conoscete le mie, ma parlare coi sordi è tempo e fatica sprecati.
By: Michele Nardella on 5 marzo 2011
at 22:44
Avevo già tolto quella frase per non ingenerare proteste (da parte di chi predilige il metodo scientifico…), anche se continuo a pensare che intuizione e pensiero analogico possano essere un buon punto di partenza per analisi scientifiche.
Riguardo le tue competenze: infatti non ne ho fatto menzione, soprattutto perchè, ripeto, a me interessano i contenuti…
Un consiglio sincero: affronta le discussioni con più pacatezza.
By: pades on 5 marzo 2011
at 23:06