
Verdure
L’uomo è un animale tendenzialmente vegetariano.
In alcuni testi di macrobiotica si parte dal considerare le proporzioni fra il numero di denti incisivi, canini, premolari e molari per trarre addirittura le percentuali di cereali, legumi, verdure e alimenti di origine animale che dovrebbero comporre la nostra dieta. Considerare solo questa proporzione, però, può essere superficiale. Anche i felini predatori, o i cani, ad esempio, hanno molari e premolari in proporzioni simili, ma i loro molari sono più acuminati e taglienti, per assecondare la loro dieta carnivora. Uno studio più profondo della dentatura umana, con denti poco acuminati, molari con cuspidi basse e smalto spesso, oltre alla possibilita di masticare con movimenti laterali, ha portato alla conclusione che la dieta che ha causato questa evoluzione sia stata principalmente composta da vegetali e semi (cereali e legumi). E’ cioè una dentatura atta a triturare foglie e piccoli cibi duri più che a lacerare carni.
Studi analoghi sono stati fatti sull’apparato digerente (stomaco-intestino). I primi studi misero in relazione la lunghezza dell’intestino e quella del corpo di vari animali (anche alcuni testi di macrobiotica partono da considerazioni simili).
Ovviamente i ruminanti sono quelli con il rapporto più alto, seguiti da erbivori non ruminanti, primati e stranamente più o meno allo stesso livello cani e uomo, e poi i felini. Nei carnivori l’intestino deve essere corto per consentire l’eliminazione delle scorie prima che la carne entri in putrefazione, negli erbivori deve essere lungo per assorbire i nutrienti dai vegetali con un laborioso processo chimico. Questo posizionamento dell’uomo al confine fra carnivori e vegetariani si ripresentava in altri studi fatti mettendo in rapporto superficie dell’apparato digerente (stomaco, tenue, colon) e superficie corporea, che portavano a risultati simili. La vera differenza la fa però la conformazione del colon e la disposizione della sua muscolatura longitudinale, che porta ad una struttura adatta alla digestione di foglie e vegetali come nei primati, spostando l’uomo dalla zona di confine fra carnivori e vegetariani a quella tendenzialmente vegetariana.
La spiegazione evoluzionistica dei due aspetti (denti e apparato digerente) è che l’uomo ha iniziato la sua esistenza come i primati, con una dieta prevalente di foglie e pochi frutti, per poi passare ad aggiungere semi e cereali (il pollice opponibile favoriva la raccolta di cibi di piccole dimensioni). Quest’ultimo aspetto ha portato ad un maggiore spessore dello smalto dei denti rispetto a molti primati. Successivamente l’uomo ha introdotto quote di carne nell’alimentazione, ed ha adottato la cottura dei cibi, che hanno portato ad un accorciamento dell’intestino e ad un generale indebolimento della dentatura con assottigliamento dello smalto, che si è comunque conservato più spesso rispetto ai primati mangiatori di foglie. Tutto questo discorso per portare alla conclusione che la natura dell’uomo è ampiamente vegetariana come base di partenza, con un forte adattamento successivo verso il consumo di cereali e un certo consumo di carne, restando quest’ultimo una forzatura alla nostra fisiologia quando il consumo non sia sporadico o comunque molto minoritario rispetto agli altri alimenti. Che un consumo eccessivo di carne (e come la si consuma in occidente ai giorni nostri è eccessivo) provochi scompensi digestivi e metabolici è ormai risaputo (pericolosi ristagni intestinali e un marcato effetto acidificante) e dunque la tendenza attuale ad una forte diminuzione del suo consumo è un sano ritorno ad una alimentazione per l’uomo più “naturale” nel vero senso della parola perchè più fiosiologica. Come sempre la nostra dieta mediterranea, ricca di cereali, verdure e legumi, con un consumo moderato di pesce e pochissima carne è quella che più ricalca la nostra natura come si è evoluta in decine di migliaia di anni.
Che dire dunque delle verdure? La conclusione è una sola: in grande quantità, tutti i giorni, cercando di consumare tutti i tipi di verdure del proprio bacino geografico e di stagione. Per le verdure con cui è possibile ci piace il consumo a crudo (qui in Italia l’insalata è un’istituzione, tutti sanno prepararsi una ottima insalata mista con tutte le verdure crude che ogni stagione ci offre), e se le cuociamo proviamo dove possibile la cottura a vapore, se no lessate in acqua e a volte in pentola con olio di oliva e aromi secondo le varie usanze mediterranee o saltate nel wok con poco olio.
Evitiamo le ricette troppo complicate o caloriche: un abbondante misto di verdure bollite condite con un ottimo olio extra vergine d’oliva è sicuramente meglio di patate fritte o verdure pastellate.
Riguardo i pregi nutrizionali, le verdure sono quanto di meglio possiamo mangiare: oltre alle fibre, alle vitamine e ai minerali ogni verdura contiene migliaia di composti chimici, molti dei quali già studiati e dalle molteplici virtù (pensate agli antiossidanti), ma se ne scoprono continuamente di nuovi tanto che spesso qualcuno viene lanciato dal marketing delle aziende per promuovere qualche nuovo prodotto con la scusa dell’antiossidante di moda. Ad esempio ho visto una pizza surgelata con la luccicante scritta “con pomodori ricchi di licopene!”, ma il licopene (un ottimo antiossidante) è solo una delle migliaia di benefiche sostanze presenti nel pomodoro (se ben maturo). Ogni verdura è un insieme armonioso di sostanze chimiche al quale l’uomo si è abituato in secoli di consumo, inimitabile sinteticamente. Dopo anni di tentativi da parte dell’industria farmaceutica di farci credere che le verdure potessero essere sostituite da agglomerati sintetici di acqua, fibre, vitamine e sali minerali si è capito che gli integratori vitaminici e minerali non sono poi così salutari. Inoltre la maggior parte delle verdure ha un effetto alcalinizzante, dunque salutare.
Un consumo abbondante di verdure e legumi è la miglior cosa che possiamo fare per la nostra salute e con il consumo di cereali integrali è quello che può veramente cambiare la nostra vita.
La macrobiotica standard, riguardo le verdure, fa qualche precisazione da approfondire, e che come vi aspettavate non condividiamo. La prima riguarda il consumo delle verdure crude, che consiglia di limitare, preferendo quelle cotte (che così risultano più yang, andando a equilibrare la eventuale tendenza yin).
A tal proposito il consiglio è di seguire la tradizione mediterranea: crude le tipiche verdure da insalata, tutte le altre cotte come spiegato prima e tenendole al dente (attenzione stiamo parlando di verdure, non di legumi: quelli devono sempre essere ben cotti se no sono indigesti). E’ bene inoltre seguire il proprio gusto personale: se impariamo ad ascoltarlo il nostro corpo istintivamente ci fa capire cosa è meglio per lui attraverso il maggiore o minore gradimento che abbiamo verso un cibo e i vari modi di prepararlo. Le verdure crude ci offrono tutti i loro nutrienti intatti ma sono più facilmente fonte di germi se non lavate bene, quelle cotte sono più sicure da questo punto di vista ma perdono parte delle vitamine e dei minerali. Alterniamo e variamo spesso verdure e modi di prepararle e ne avremo sicuramente più benefici che danni.
La seconda riguarda le solanacee (pomodori, melanzane, peperoni, patate), che la macrobiotica sconsiglia di consumare in quanto troppo yin e perchè originarie delle Americhe dunque estranee ai nostri territori. Riguardo quest’ultima affermazione dico subito che questo criterio lo abbiamo rielaborato in questo modo: “limitiamo il consumo di prodotti originari di aree geografiche molto lontane da noi e che non crescono bene se coltivate nei nostri territori”. Dunque parliamo quasi esclusivamente di prodotti tropicali (banane, ananas, cocco, papaya, mango, ecc.) che nel nostro clima non sopravvivono o vivono male. Riguardo le solanacee, invece, tutti sanno quanto siano ormai entrate nella nostra tradizione (anche culinaria) e come bene si adattatino al nostro clima e ai nostri orti. Da un punto di vista più scientifico, invece, possiamo dire che è vero che le solanacee contengono la solanina, alcaloide tossico, ma che questo è presente principalmente nella pianta (foglie, fusto, …) e in misura estremamente ridotta nei frutti e nei tuberi. Nessuno si sogna infatti di mangiare le foglie del pomodoro o della melanzana, e riguardo le patate è sempre bene (come ci insegnano le nostre mamme e nonne) eliminare le patate grinzose o che germogliano e diventano verdi (lì sì che c’è più solanina) e quelle buone sbucciarle generosamente. Inoltre la cottura in acqua fa calare (anche se di poco) quella rimasta nel tubero.
Per le melanzane, la tradizione di salarle per far loro perdere acqua e la successiva cottura hanno lo stesso effetto. Nel caso di pomodori e peperoni (che personalmente adoro crudi nell’insalata), la chiave è la giusta maturazione: un pomodoro e un peperone ben maturi hanno un contenuto irrisorio di solanina, rispetto ai grandi benefici in termini di antiossidanti, vitamine, sali minerali che ci forniscono.
Fra le verdure le solanacee sono inoltre quelle un po’ più acidificanti, ma di solito è facile riequilibrarle all’interno di un pasto, ad esempio evitando le proteine della carne o il formaggio o il dolce (che andrebbe evitato comunque…).
Nel complesso, dunque, se adottiamo una scelta varia e abbondante di verdure seguendo le stagioni, i benefici sono sicuri e sempre sicuramente superiori ai singoli problemi che alcune verdure possono dare. A proposito: prima di abbuffarsi di fave verificare chiedendo a parenti di sangue (genitori, nonni) se ci sono stati in famiglia problemi di favismo, un’intolleranza alle fave relativamente frequente che provoca la distruzione dei globuli rossi con serie conseguenze. Nel dubbio assaggiarne una piccola quantità e sospenderne il consumo se entro un paio di giorni si notano un leggero ittero o spossatezza e pallore (e informatevi bene presso il vostro medico).
Veniamo ora ad un punto decisivo: dove approvvigionarsi di verdure di qualità? Inutile dire che l’ideale sarebbe coltivarsele, ma per noi, impegnati con il lavoro e con scarso tempo a disposizione è impossibile. C’è poi il discorso del biologico e delle verdure surgelate e conservate. Ma andiamo con ordine.
In termini di qualità la precedenza la diamo alle verdure coltivate nell’orto da amici o parenti che generosamente, soprattutto in estate, ce le regalano: sono biologiche vere e sempre al giusto grado di maturazione (e anche il sapore è il migliore possibile).
Per il resto c’è poi il mercato, il negozio di frutta e verdura o il supermercato. La discriminante a questo punto non è biologico/non biologico ma, andando per esperienza, scegliamo quelle dall’aspetto più sano (non necessariamente, anzi quasi mai, le più belle) e al giusto grado di maturazione.
Bio o non bio? Indagini fatte negli ultimi anni dall’Istituto Superiore di Sanità circa i pesticidi su frutta e verdura in vendita in negozi italiani hanno stabilito che oltre il 98% di frutta e verdura sono nella norma di legge, ma c’è di meglio: l’81% della verdura e il 55% della frutta sono “totalmente esenti” da pesticidi (quindi simili al biologico) e solamente l’ 1.5% ha residui superiori alla norma. Questo si spiega con il miglioramento della degradabilità dei pesticidi di ultima generazione (negli anni ’80 non era così…) e con il fatto che vengono usati solo quando servono. Paradossalmente dunque sono più affidabili le verdure del mercato e del supermercato piuttosto che quelle del camioncino all’angolo della strada coltivate dal contadino improvvisato e poco avezzo ai dosaggi dei fitofarmaci e ai tempi di latenza.
Un altro elemento da tenere in considerazione è che le piante producono già in maniera naturale sostanze che servono a difenderle da insetti e muffe, e queste sono risultate, in quantità, molto più abbondanti (da 100 a 1000 volte) e anche molto più tossiche di quelle sintetiche eventualmente presenti per mano umana. Non ne siete convinti? Cercate allora notizie su una piantina molto diffusa nelle nostre cucine: il basilico.
Quando la piantina è ancora piccola produce, per difendersi dai predatori, due sostanze (a seconda della varietà): il metilcavicolo (detto anche estragolo) o il metileugenolo. Queste sostanze sono altamente tossiche (sembra cancerogene), e sono presenti in quantità 600 volte più alte dei limiti di legge previsti per questi composti.
Nonostante questo continueremo ad usare il basilico, perchè quando la piantina supera i 15 centimetri il veleno si trasforma in composti innocui (ad esempio il metileugenolo diventa eugenolo) e perchè anche per molti altri vegetali succede la stessa cosa (l’estragolo è abbondante ad esempio anche nei semi di finocchio, molto usati nelle tisane digestive) e una dieta ricca di verdure ci fornisce in ogni caso anche gli antidoti a questi “veleni”. Diciamo dunque che in media il nostro organismo per difendersi dai veleni presenti nel cibo impiega il 95% delle risorse per quelli naturali già presenti nelle piante e il 5% per quelli artificiali.
Un altro elemento che non depone a favore del “biologico a tutti i costi” è appunto il costo: nei negozi di alimentazione naturale le verdure biologiche hanno prezzi assolutamente improponibili (ho visto giusto la settimana scorsa finocchi a 5 euro al chilo e mele golden a 4 euro al chilo, e ovviamente sono rimasti dov’erano…), dunque, per quanto detto prima, spesso non ne vale la pena.
Ancora, il disciplinare di coltivazione biologica ammette l’uso, conservando sempre la denominazione “da produzione biologica”, di pesticidi cosidetti “naturali” ricavati da altre piante (sfruttando dunque i pesticidi naturali di cui parlavamo prima), che possono essere usati senza limiti, come gli estratti di tabacco o altre piante. Sulle quantità ammissibili e sulla tossicità di questi fitofarmaci naturali le regole sono ancora vaghe. Il rotenone, ad esempio, è un insetticida naturale estratto da una leguminosa e usato in agricoltura biologica al posto del più blando piretro, ed è tossico, tanto che per legge dovrà essere dismesso entro il 2011 (intanto lo si continua ad usare).
Dunque come comportarsi? Noi facciamo così: prima di tutto il più possibile prodotti italiani. Poi valutiamo bene il biologico cercando di capire se è prodotto da aziende che ne hanno fatto solo un evidente business per poter alzare i prezzi e rimanendo sul filo del protocollo “bio”. Se il prodotto biologico sembra “vero” e il prezzo è comparabile con quello non bio (magari è solo un po’ più alto) scegliamo quello, se no non abbiamo problemi a prendere le verdure non bio, purchè non sembrino di plastica o palesemente coltivate male (acerbe, fuori stagione, maltrattate, provenienti da produttori sospetti, ecc.).
Riguardo le verdure surgelate, niente da eccepire, tranne il fatto che, se si seguono i ritmi delle stagioni e trovando quindi disponibili quelle fresche, quelle surgelate risultano spesso superflue. Teniamo presente poi che a parità di prodotto utile il prezzo è molto più alto e che l’energia necessaria al loro processo commerciale è altissima. Tuttavia, in mancanza di tempo e per alcuni prodotti come le zuppe di verdure e legumi semi-pronte o i minestroni di verdure, piuttosto che farne a meno è preferibile optare per quelli surgelati. Ne abbiamo provati alcuni ed erano molto validi (sempre preferendo quelli meno “elaborati”).
Le verdure conservate sotto vetro o in barattolo di acciaio cerchiamo di evitarle, più che altro perchè spesso sono troppo salate o troppo lavorate.
Un’eccezione la facciamo alcune volte per alcuni legumi (non sono verdure, ma visto che ne stiamo parlando…) come i fagioli, che in mancanza del tempo di metterli a bagno il giorno prima e di cuocerli, risultano molto comodi già pronti. Nei negozi di alimentazione naturale se ne trovano di ottimi, ma anche al supermercato alcune marche sono di ottima qualità (spesso biologici).
Concludendo, dunque: verdura sempre, in grande varietà e quantità e secondo tradizione. Ne trarremo solo vantaggi.
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